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notizia bibliografica |
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mirano di lasciare in chi legge. Werther fu portato alla sepoltura, «e nessun sacerdote lo accompagnò». L’Ortis fu dall’amico suo «sotterrato sul monte de’ pini» piantati da suo padre e trapiantati da lui, sotto l’ombra de’ quali egli avea tante volte desiderato di riposar1. Circa allo stile, ci asterremo dal riferire gli altrui paragoni o dal farne. Che se pure un ingegno filosofico e consumato nella sua lingua materna potrá notomizzare la dicitura d’uno de’ due romanzi, non però potrá essere mai si versato nell’altra da non ingannarsi. E chi non vede che due caratteri sí differenti, con modi di sentire e di concepire sí vari, e in idiomi d’indole sií aliena fra loro, e nati in clima cosí diverso, non possono scrivere che affatto diversamente? Basti che l’autore tedesco depurò e arricchí una lingua che non aveva scrittori classici, e l’italiano ridiede forza e novitá a una lingua classica da piú secoli: l’uno e l’altro, superando due diversi ostacoli, diedero uno stile ignoto a’ loro concittadini. Da quanto s’è detto e con vari giudizi in piú luoghi, ogni lettore anche non italiano desumerá opinione sicura intorno allo stile del libro del quale principalmente trattiamo. Parimenti un critico tedesco, all’esperienza del quale sarebbe orgoglio il non riportarsi, ha dato un giudizio riferito nel paragrafo precedente2, e gioverá agli italiani, perché abbiano meno ingiusta opinione dell’eloquenza di Werther3. Citeremo
- ↑ Nell’ultima lettera a Lorenzo scrive [in questo vol., p. 57]: «Fa’ ch’io sia sepolto... sotto i pini del colle che guarda la chiesa». E piú mesi innanzi scriveva, da Firenze, 7 settembre [ibid., p. 6]: «Io ti prego di salire sul monte de’ pini che serba tante dolci e funeste mie rimembranze... Piú volte io mi pensava di erigere fra quelle secrete ombre... il mio avello». E in una delle prime lettere [i, 262]: «E quando le ossa mie fredde dormiranno sotto quel boschetto... i padri della villa al suono della campana de’ morti pregheranno pace al mio spirito... E, se talvolta lo stanco mietitore verrá a ristorarsi dall’arsura di giugno, esclamerá, guardando la mia fossa: — Egli, egli innalzò queste fresche ombre ospitali».
- ↑ Pag. 122, nota 1.
- ↑ Vi sono due traduzioni italiane del Werther. L’una, stampata molti anni addietro in Poschiavo, è mutilata e pare fatta sopra il testo francese. L’altra, stampata in Padova verso la fine del secolo scorso, ha in fronte una lettera, dalla quale apparisce che il traduttore aveva mandato il manoscritto al signor Goethe: comunque sia, lo stile n’è asciutto, rozzo e stentato: tre difetti che molti scrittori pigliano per pregi di forza, di semplicitá e d’accuratezza; e i lettori, benché senza grammatica, se ne avveggono. Le grida de’ giornalisti che l’Ortis fosse imitazione del Werther, indussero molti in Italia a raffrontare un libro originale con un libro tradotto, e il Werther, per un giudizio popolare provocato da un’accusa mal fondata, fu ingiustamente condannato e quasi caduto in disprezzo.