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delle ultime lettere di iacopo ortis 153


venti; e la morte, alla quale egli si è fatto vittima consacrata, lo dissuade a un tratto dall’ira e dalle speranze. La misantropia torna a infierire due o tre volte, ed è poi vinta per sempre dalla compassione per le persone care, ch’egli abbandona nel lutto; e l’ultime due pagine, scritte a Teresa mentr’ei stava per trafiggersi, spirano un mesto piacere di vedersi giunto al termine delle angosce e un pietoso desiderio di farle sentire ch’egli è consolato della gioia di morire amato da lei. Questa lentissima, e quanto piú cresce tanto piú occulta esacerbazione di febbre d’animo, da che l’Ortis cessa di delirare, non è certamente opera di cui l’autore si fosse avveduto scrivendo. La natura gli ha dettato quanto ha scritto; e in ciò, come in parecchi altri punti, siamo del parere col quale conclude l’articolo antecedente: tanto piú che l’autore di quel libro aveva allora passato di poco i venti anni1, e, se avesse saputo osservare in sé questo stato, non avrebbe piú potuto descriverlo in guisa sí passionata, che la perspicacia dell’osservazione non traspirasse a tutti i lettori: invece tutti ne sentono a veritá, ma a distinguerla è bisogno di industriosissima analisi. Bastò all’autore di esporre una serie di sensazioni giornaliere com’ei le provava, e nello stile com’ei le concepiva. Però l’effetto è men subitaneo che nel Werther. E il signor Goethe ha piú merito d’intenzione; poiché, ragunando quant’era necessario a percotere istantaneamente gli animi, mostra il genio illuminato dall’arte. Tutte le ultime scene dell’Ortis sono piú vere, e sembra che operi la sola natura. La pietá per la madre, che aveva spesso distolto il figlio dal suicidio, è l’ostacolo piú potente che alla disperazione rimanga da sormontare. A torto altri accusa Werther di debole pietá per la madre. La disperazione guidò l’Ortis di passo in passo, e si soffermò seco piú volte a lasciar ripigliar lena; ma investí Werther e lo travolse come in un turbine, ed ei non poteva volgere gli occhi se non alla sola donna per la quale ei periva. La diversitá assoluta di questi due individui sta nel vigore dell’anima: fortissima nell’Ortis ed esperimentata al dolore, ma piú delicata e meno esperta in Werther, né può reggere lungamente a una febbre sorda che scoppia di subito, e n’è sbalordita e ridotta alla frenesia. Quell’altra anima non può essere assalita, che non se ne

  1. Nella Notizia al tomo X del Teatro italiano applaudito leggesi che l’autore del Tieste, tragedia recitata nel 1797, aveva allora dicianove anni. Il libro dell’Ortis fu poi attribuito al medesimo autore.