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138 | notizia bibliografica |
medesimo metodo. Eschilo compose la tragedia d’Oreste che uccide la madre. Sofocle, Euripide, contemporanei, e poscia altri greci, de’ quali non restano le opere, trattarono lo stesso argomento, e molti latini, e moltissimi fra’ moderni, e fra’ recenti
Voltaire e l’Alfieri. Nessuno potea dipartirsi dal fatto; nessuno volle assegnare a’ personaggi interessi o passioni o caratteri d’animo differenti dagli assegnati da Eschilo; parve a tutti che il primo imitatore della natura avesse colpito il vero; parve anche che nella orditura avesse trovato un metodo proprio all’intento1: ma sentiva altresí ciascheduno d’essi che avrebbe potuto successivamente trovare nuove e piú naturali e piú efficaci le varietá, onde migliorarne a poco a poco sino alla perfezione la parte ideale. E l’Oreste dell’Alfieri, che è l’ultimo d’epoca, prescindendo da molte varietá di grandissimo effetto, n’ha una essenziale, per cui in questo soggetto anche i critici, che non lodano il suo stile e il suo sistema tragico, confessano ch’ei per quel solo ritrovato merita d’essere primo fra i poeti dell’antico parricidio d’Oreste2.
Il libretto tedesco e l’italiano rappresentano un suicida de’ nostri tempi. Tutti due hanno non solamente comune la pittura reale e gli accessorii che, dati i fatti avvenuti ed osservati dall’uno e dall’altro degli autori, non potevano essere molto diversi3;
- ↑ Da Eschilo in qua (ove si eccettui il metodo del teatro inglese, tenuto oggi dal tedesco) tutti i tragici hanno serbato dal piú al meno il disegno generale del teatro greco: se non che i francesi hanno voluto correggere la semplicitá con troppi accessorii; l’Alfieri al contrario lo ha ridotto a troppa severitá, tanto piú che non poteva giovarsi de’ cori, che adornano le antiche tragedie di ricchezza poetica e d’armonia.
- ↑ I poeti anteriori migliorarono di mano in mano gli espedienti necessari affinché Elettra riconoscesse da sé il fratel suo, ch’ella aveva perduto bambino; spontanei, erano accidentali, alieni al soggetto, e palesavano la necessitá che n’aveva l’autore. L’Alfieri fa nascere il riconoscimento d’EIettra e d’Oreste dalle loro passioni e dallo stato in cui si trovavano; e, mentre che Elettra era piena del suo cordoglio intorno alla tomba d’Agamennone, e Pilade acquetava ad ora ad ora la rabbia della vendetta in Oreste, l’impazienza del giovine scoppiò appunto per gli sforzi che ei faceva a reprimerla e, tenendo gli occhi intenti dove stavano le ceneri di suo padre, diceva fuori di sé: — Sí, mi fu tolto un padre! berrai e tosto, il sangue di chi t’uccise; — cosí che Elettra è costretta a esclamare: — Chi sei tu dunque, se tu non sei Oreste? — e Oreste, alienato da! suo furore, si volta subitamente alla donna, dicendo: — Chi, chi mi appella? — e involontariamente si scopre da sé. Questa scena è preparata gradatamente, in guisa che le tronche parole pronunziate da’ personaggi sembrano dettate non tanto dall’autore quanto dagli spettatori che stanno ascoltando.
- ↑ Se non fosse che le si ripetono come innegabili, ci parrebbero indegne di risposta due ragioni allegate a convincere il libro dell’Ortis di plagio. L’una: che