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ultime lettere di iacopo ortis 5


di riordinare i mortali; ma perché mi si contenderá di fremere su le loro miserie e piú di tutto su la loro cecitá? E’ mi vien detto che non v’ha settimana senza carnificina, e il popolo vi accorre come a solenne spettacolo. I delitti intanto crescono co’ supplizi. No, no; io non voglio piú respirare quest’aria fumante sempre del sangue de’ miseri. E dove?

Firenze, 27 agosto.

Dianzi io adorava le sepolture del Galileo, del Machiavelli e di Michelangelo; contemplandole io tremava, preso da un brivido sacro. Coloro che hanno eretti que’ mausolei sperano forse di scolparsi della povertá e delle carceri con le quali i loro avi punivano la grandezza di que’ divini intelletti? Oh quanti perseguitati nel nostro secolo saranno venerati dai posteri! Ma le persecuzioni e gli onori sono documenti della maligna ambizione che rode l’umano gregge.

Presso a que’ marmi mi parea di rivivere in quegli anni miei fervidi, quand’io, vegliando su le opere de’ grandi trapassati, mi gittava con la immaginazione fra i plausi delle generazioni future. Ma ora troppo alte cose per me!... e pazze forse. La mia mente è cieca, le membra vacillanti, e il cuore guasto qui... nel profondo.

Ritienti le commendatizie di cui mi scrivi: quelle, che mi mandasti, io le ho bruciate. Non voglio piú oltraggi né favori da veruno degli uomini possenti. L’unico mortale, ch’io desiderava conoscere, era Vittorio Alfieri: ma odo dire ch’ei non accoglie persone nuove; né io presumo di fargli rompere questo suo proponimento, che deriva forse dai tempi, da’ suoi studi, e piú ancora dalle sue alte passioni e dall’esperienza della societá. E fosse anche una debolezza; le debolezze degli uomini sommi vanno rispettate; e chi n’è senza, scagli la prima pietra.