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92 ii - ultime lettere di iacopo ortis


melissa e i fiori di arancio, che biancheggiavano qua e lá sopra una giovine pianticella.

Arquá è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa; e noi, per accorciare il cammino, prendemmo la via dell’erta. Io me ne andava dinnanzi, Teresa veniva appresso con Odoardo, e la ragazza ci tenea dietro in braccio all’ortolano.

               Era l’ora che il sol (poiché la notte
          fugge, e lei seguon le fredde ombre e gli astri)
          delle nugole straccia il fosco velo
          e piú bella nel ciel mostra la fronte,
          che tutto allegra del suo riso il mondo.
          Lieti allora i fioretti alzano il capo
          dalla brina chinato, e cristalline
          fan contro il sole tremolar le perle,
          di che tutti van carchi e rugiadosi:
          rasciugano coll’ale i zefiretti
          l’umor soverchio all’erbe e agli arboscelli;
          e tra il rumor, che dolce in un confuso
          fan le selve, gli augei, gli armenti, i rivi,
          dalle valli e dai monti invia la terra
          al raggio, che l’avviva, il suo profumo,
          e tutta esulta di piacer natura.

E’convien pur ch’io ti creda: io stimava, a dir vero, un po’ esagerate le lodi che mi facevi tempo fa di Teresa, e te ne credeva innamorato piuttosto, quantunque tu non mi sembrassi capace di un’infedeltá verso la tua Marianna, che pur è la buona e vezzosa fanciulla. Or di’: hai tu osservato quand’ella parla? e non ti pare che la semplicitá e l’interesse de’ suoi discorsi costringano a prestarle fede? Perché, se ti vuol disvelare un secreto, lo dipinge con quegli stessi colori e nello stesso atteggiamento appunto come le sta nel cuore, depositandolo in chi l’ascolta con quella ingenua confidenza con cui lo confesserebbe a se stessa.

Eravamo giá presso ad Arquá, e, scendendo per l’erboso pendio, ci andavano sfumando e perdendosi all’occhio i paeselli che si vedeano dispersi per le valli soggette. Ci siam finalmente