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84 ii - ultime lettere di iacopo ortis


mi hanno piú volte gettato quasi in braccio al delitto..., io guardo il passato tremando e mi rassicuro vedendomi in porto. Sovente mi prostro a ringraziar la natura, che ci fa vincere la prepotenza delle circostanze e c’insegna ad alzarci sopra la nostra educazione. Ma pochi nondimeno son gli uomini prediletti a questa fortuna. Oh quanti si sono appressati al sepolcro, sdegnando la vita, nella quale, seguendo un corso opposto a quello che loro ha segnato la natura, hanno sentito tutti i mali dell’esistenza senza godere d’un sol bene! Quanti altri, costretti a mascherare la loro anima generosa sotto governi licenziosi o tirannici, si sono abituati a cercare la gloria anche per mezzo della scelleraggine, simili a que’ conquistatori che s’innalzano un trofeo di cadaveri e a que’ principi che nuotano al trono per un mare di sangue.

LETTERA VI

21 settembre.

E così, com’io ti diceva, mi rallegro vedendo che, se la sorte ha in questi contadini represse le grandi virtú, vi ha represso anche i vizi.

Quando sull’alba escono i piú giovani con le gregge, e con l’aratro i piú vecchi, io m’accompagno con uno di questi, il quale mi parla di mio nonno, che ha fabbricato questa piccola casa, e di mio padre, che si compiaceva di piantare i gelsi ed i pini su le balze piú sterili della collina. E dico fra me: — Felice colui, che, ignoto alla fama, lascia in ereditá a que’ pochi, che lo conoscevano, alcuna rimembranza di riconoscenza e di amore. —

Del resto, credo che il desiderio, nato con noi, di conoscere la storia de’ tempi andati sia figlio del nostro amor proprio, che vorrebbe illudersi e prolungar l’esistenza, unendoci agli uomini e alle cose che non esistono piú e rendendoli, per così dire, di nostra proprietá. Ama la immaginazione dell’uomo di spaziare fra i secoli e di possedere un altro universo. Con qual