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lettera iii 81


Questa mattina mi sono alzato per salutare l’aurora. Arrampicava a fatica per trovarmi su la cima della montagnetta che domina queste campagne, quando mi distolse un lontano fremito d’acque. Mi fu guida l’orecchio, e, dopo una discesa difficile verso la parte opposta al mio romitorio, ho veduto cinque fonticelli che s’affrettavano a unirsi tutti in un limpido lago. Come fresche erano quell’acque, ombreggiate da folti salici, i quali non poteano però impedire al sole di rompere i furtivi suoi raggi su le onde riscintillanti e agitate pel continuo cascar de’ruscelli! Ad onta che questo mese non sia amico ai bagni, ho voluto spogliarmi ed immergermi in quel laghetto, che pareva accogliermi con voluttá. Il mio cuore cantava un inno alla natura, e la mia fantasia s’illudeva invocando le ninfe, amabili custodi delle fontane. «Illusioni!» grida il filosofo. E non è tutto illusione? tutto! — Beati gli antichi, che si credevano degni de’ baci di Venere, che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie, che diffondevano lo splendore della divinitá su le imperfezioni dell’uomo, e che trovavano il bello ed il vero accarezzando gl’idoli della loro immaginazione! La religione greca e romana ha educato gli artisti e gli eroi, e a questa dobbiamo i capi d’opera che il caso ha rapito alla inclemenza de’ secoli. — Così io riflettea, diguazzandomi. Mi son rivestito e con due grappoli còlti di fresco son ritornato a passare il resto della mattina in compagnia del mio Plutarco.

9 settembre.

Non avendo per tutto ieri veduto Michele, non mi fu possibile d’inviare questa lettera alla posta di Padova. La riapro per raccontarti un avvenimento, che porrá termine alle nostre contese.

S’avvicinava la sera, innamorato della mia nuova Tempe, ho diretto il mio passeggio verso i cinque ruscelli. Giunto appena al laghetto, mi pare di scorgere sul pendio della montagnetta una persona che meditava; cosa veramente comune, alla quale non avrei badato in tutt’altro luogo fuori che in questo ritiro, da me creduto deserto. I solitari, simili agl’infelici, s’amano