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LETTERA I

Dai colli Euganei, 3 settembre 1797

. Sia dunque così! Io vivrò lontano da quanto m’avea di piú caro, poiché non ho saputo resistere a’ tuoi consigli e alle lagrime di mia madre, che tremava per la mia vita in un paese, ov’io, caldo della divina passione di libertá, ho senza mia colpa congiurato con i ministri dei conquistatori. Non rivedrò piú la mia patria, i congiunti, gli amici; ed il ritiro ove mi son rifugiato presentemente accoglierá le mie ceneri, quando piacerá all’autore della natura di troncare il filo a’ miei giorni.

Eccovi dunque ubbiditi: ma da questo momento io m’avvolgo nella oscuritá della mia solitudine e nel manto della mia innocenza.

L’uomo dabbene, imbarazzandosi ne’ pubblici affari, non ritrarrebbe che danno per la sua patria ed infamia per sé. Quando e doveri e diritti stanno su la punta della spada, il forte scrive le leggi col sangue ed esige il sacrificio della virtú.

Se tu potessi volare su queste colline! Tu non se’ giá di quelli, o Lorenzo, che mirano la loro patria schiava, denudata, venduta, e non piangono d’ira. Invòlati all’aspetto della scelleraggine e alle persecuzioni di coloro che mercanteggiano i popoli. T’è caro l’ozio solitario della campagna: qui riderem della gloria. Infelice colui che non ha per oggetto delle sue azioni che quest’idolo vano! Egli non gusta il piacere di una vita mediocre e pacifica, non ringrazia i consigli dell’amico, non sente la soavitá del pianto secreto sparso su le disgrazie dell’uomo onesto o sul sepolcro di due amanti fedeli! Vieni: oh, ch’io desidero l’impossibile! Addio: saluta mia madre.