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326 iv - seconda edizione delle


salute, se le mie sventure e la mia tristezza mi scavassero la fossa, concedimi ch’io mi renda cara la morte con la certezza che tu m’hai amato. Ahi! adesso io sento tutto il dolore a cui io ti lascio. Oh! potessi morirti vicino, oh! potessi almeno morire ed essere sepolto nella terra che avrá le tue ossa! Addio, non posso piú... Addio.


Tutti quasi i frammenti che seguono erano scritti per la posta in diversi fogli.


Rovigo, 20 luglio.

Io la mirava e diceva a me stesso: — Che sarebbe di me s’io non potessi vederla piú? — e correva a piangere di consolazione, sapendo ch’io le era vicino. E adesso?... Io l’ho perduta.

Cos’è piú l’universo? qual parte della terra potrá sostenermi senza Teresa? E mi pare di esserle lontano, sognando. Ho avuto io tanta costanza? e m’è bastato il cuore di partire cosí senza vederla? Né un bacio, né un solo addio! Tutti i momenti io credo di essere alla porta della sua casa e di leggere nella mestizia del suo volto e di sedere al suo fianco. Io fuggo; e con che velocitá ogni minuto mi porta ognor piú lontano da lei!

E intanto? Quante care illusioni! ma io l’ho perduta. Non so piú obbedire né alla mia volontá, né alla mia ragione, né al mio cuore sbalordito: mi lascio strascinare dal braccio prepotente del mio destino. Addio, addio, Lorenzo...

Ferrara, 20 luglio, a sera.

Io passava il Po e guardava le immense sue acque, e piú volte io fui per precipitarmi e profondarmi e perdermi per sempre. Tutto è un punto! Ah, s’io non avessi una madre cara e sventurata, a cui la mia morte costerebbe amarissime lagrime!

Né finirò cosí da codardo. Sosterrò tutta la mia sciagura; berrò fino all’ultima lagrima il pianto che mi fu assegnato dal mio destino; e, quando le difese saranno vane, disperate tutte