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ultime lettere di jacopo ortis 315


26 maggio.

Egli viene, Lorenzo..., egli viene.

Scrive dalla Toscana, dove si fermerá venti giorni; e la lettera è in data de’ 18 maggio: fra due settimane al piú, dunque!

27 maggio.

E penso: — Ed è pur vero che questo angelo de’ cieli esista qui, in questo basso mondo, fra noi? E sospetto d’essermi innamorato della creatura della mia fantasia.

E chi non avrebbe voluto amarla anche infelicemente? E dov’è l’uomo cosí avventuroso, col quale io degnassi di cangiare questo mio stato lagrimevole? Ma come io posso, d’altronde essere tanto inimico di me per tormentarmi? Lo sa il cielo. Senza niuna speranza? Forse! un certo orgoglio in costei della sua bellezza e delle mie angosce. Non mi ama e la sua compassione coverá un tradimento. Ma quel suo bacio celeste, che 15. mi sta sempre su le labbra e che mi domina tutti i pensieri?

E quel suo pianto? Ahi! che dopo quel momento ella mi sfugge, né osa guardarmi piú in faccia. Seduttore! io? E, quando mi sento tuonare nell’anima quella tremenda sentenza: — Non sarò vostra mai, — io passo di furore in furore, e medito delitti di sangue. Non tu, divina fanciulla; io solo, io solo ho tentato il tradimento, e l’avrei consumato.

Oh! un altro tuo bacio, e abbandonami poscia a’ miei sogni e a’ miei soavi deliri: io ti morrò a’ piedi, ma tuo, tutto. Tu, se non potrai essermi sposa, mi sarai almeno compagna nel se- 25. polcro. Ah, no! la pena di questo amore fatale si rovesci sopra di me. Ch’io pianga per tutta l’eternitá; ma che il cielo, o Teresa, non ti faccia per mia cagione infelice! Ma intanto io ti ho perduta, e tu mi t’involi, tu stessa. Ah, se tu mi amassi com’io t’amo!

Eppure, o Lorenzo, in sí fieri dubbi e in tanti tormenti, ogni volta ch’io domando consiglio alla mia ragione, ella mi conforta, dicendomi: — Tu non se’ immortale. — Or via, soffriamo