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308 iv - seconda edizione delle


Petrarca non abbia anch’egli visitato sovente queste solitudini, sospirando fra le ombre pacifiche della notte la sua perduta amica? Quando leggo i suoi versi, io me lo dipingo qui, malinconico, errante, seduto sul tronco di un albero, pascersi de’ suoi mesti pensieri e volgersi al cielo, cercando con gli occhi lagninosi lo spirito di Laura. Io non so come quell’anima tutta celeste abbia potuto sopravvivere in tanto dolore e fermarsi fra le miserie de’ mortali: oh, dolce amico! quando s’ama davvero! — Ella mi stringeva la mano, e io mi sentiva il cuore che non voleva starmi piú in petto. — Sí! angelo tu sei nato per me; — ed io non so come ho potuto soffocare queste parole, che mi scoppiavano dalle labbra.

Ella saliva la collina, ed io la seguitava. Le mie facoltá erano tutte di Teresa; ma la tempesta, che le aveva agitate, era alquanto cessata. — Tutto è amore — diss’io: — l’universo non è che amore! E chi mai lo ha sentito, o meglio dipinto del Petrarca? Adoro, come divinitá, que’ pochi geni, che si sono innalzati sopra gli altri mortali, ma il Petrarca io... l’amo; e, mentre il mio intelletto gli sacrifica come a nume, il mio cuore lo invoca padre e amico consolatore. — Teresa mi rispose con un sospiro.

La salita l’aveva stancata. — Riposiamo — diss’ella. L’erba era umida, ed io le mostrai un gelso poco lontano. Il piú bel gelso che mai. È alto, solitario, frondoso: fra’ suoi rami v’ha un nido di cardellini. Ah! vorrei poter innalzare sotto l’ombre di quel gelso un altare! La ragazzina intanto ci aveva lasciati, saltando su e giú, cogliendo fioretti e gettandoli dietro le lucciole che andavano aleggiando. Teresa giaceva sotto il gelso, ed io, seduto vicino a lei, con la testa appoggiata al tronco, le recitava le odi di Saffo. Sorgeva la luna... oh!...

Perché, mentre scrivo, il mio cuore batte sí forte? Beata sera!