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ultime lettere di jacopo ortis 307


fossero gli estremi addio che dá la natura; le nuvole rosseggiano, poi vanno languendo, e squallide finalmente si abbuiano: allora la pianura si perde, l’ombre si diffondono su la faccia della terra; ed io, quasi in mezzo all’oceano, da quella parte non vedo che il cielo.

Ier sera appunto, io scendeva a passo a passo dal monte. Il mondo era in cura alla notte, ed io non sentiva che il canto della villanella e non vedeva che i fuochi de’ pastori. Scintillavano tutte le stelle, e, mentr’io salutava ad una ad una le costellazioni, la mia mente contraeva un non so che di celeste, ed il mio cuore s’innalzava come se aspirasse ad una regione piú sublime assai della terra. Mi sono trovato su la montagnuola presso la chiesa: suonava la campana de’ morti, ed un senso d’umanitá trasse i miei sguardi sul cimiterio, dove ne’ loro cumuli coperti di erba dormono gli antichi padri della villa. — Abbiate pace, o nude reliquie: la materia è tornata alla materia; nulla scema, nulla cresce, nulla si perde quaggiú; tutto si trasforma e si riproduce. Umana sorte! men infelice degli altri chi non la teme! — Spossato, mi sdraiai boccone sotto il boschetto dei pini, e in quella muta oscuritá mi sfilavano dinanzi alla mente tutte le mie sventure e tutte le mie speranze. Da qualunque parte io corressi anelando alla felicitá, dopo un aspro viaggio pieno di errori e di tormenti, mi vedeva spalancata la sepoltura, dove io m’andava a perdere con tutti i mali e tutti i beni di questa inutile vita. E mi sentiva avvilito e piangeva, perché avea bisogno di consolazione...; e ne’ miei singhiozzi io invocava Teresa.

Udii un calpestio fra gli alberi; e mi parea d’intendere bisbigliare alcune voci. Mi sembrò poi di vedere Teresa con sua sorella. Impaurite, a prima vista fuggivano. Io le chiamai per nome, e la Isabellina, riconosciutomi, mi si gittò addosso con mille baci. M’alzai. Teresa s’appoggiò al mio braccio, e noi passeggiammo taciturni lungo la riva del fiumicello sino al lago de’ cinque fonti. E lá ci siamo quasi di consenso fermati a mirar l’astro di Venere che ci lampeggiava sugli occhi. — Oh! — diss’ella, con quel dolce entusiasmo tutto suo — credi tu che il