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300 iv - seconda edizione delle


raccogliea le sue chiome, e tre mammole appassite spuntavano in mezzo al lino che copriva il suo seno. Io l’ho accompagnata fino alla porta della sua casa; e sua madre, che venne ad aprirci, mi ringraziava della cura ch’io mi prendeva per la sua disgraziata figliuola. Quando fui solo, m’accorsi che m’era rimasto fra le mani il suo fazzoletto: — Glielo renderò domani — diss’io.

I suoi mali incominciavano giá a mitigarsi: ed io forse (è vero), io non poteva darti il tuo Eugenio; ma ti sarei stato sposo, padre, fratello. La persecuzione de’ tiranni proscrisse improvvisamente il mio nome; né ho potuto, o Lauretta, lasciarti neppure l’ultimo addio.

Quand’io penso all’avvenire, e mi chiudo gli occhi per non conoscerlo, e tremo e mi abbandono con la memoria a’ giorni passati, io vo per lungo tratto vagando sotto gli alberi di queste valli, e mi ricordo le sponde del mare e i fuochi lontani e il canto del gondoliere. M’appoggio ad un tronco: sto pensando: — Il cielo me l’avea conceduta; ma l’avversa fortuna me l’ha rapita! — Traggo il suo fazzoletto: — Infelice chi ama per ambizione! Ma il tuo cuore, o Lauretta, è fatto per la schietta natura. — M’asciugo gli occhi, e torno sul far della notte alla mia casa.

Che fai tu frattanto? Torni errando lungo le spiagge, e porgendo preghiere e lagrime a Dio? Vieni! tu corrai le frutta del mio giardino, «tu berrai nella mia tazza, tu mangerai del mio pane», e sentirai come batte, come oggi batte assai diversamente il mio cuore. Quando si risveglierá il tuo martirio, e lo spirito sará vinto dalla passione, io ti verrò dietro per sostenerti in mezzo al cammino e per guidarti, se ti smarrissi, alla mia casa; ma ti verrò dietro tacitamente, per lasciarti libero almeno il conforto del pianto. Io ti sarò padre, fratello; ma il mio cuore... se tu sapessi il mio cuore! Una lagrima bagna la carta e cancella ciò che vado scrivendo.

Io la ho veduta tutta fiorita con i fiori della gioventú e della bellezza; e poi tradita, raminga, orfana. Io l’ho veduta baciare le labbra morenti del suo unico consolatore, e poscia inginocchiarsi con pietosa superstizione davanti a sua madre, lagrimando e pregandola acciocché ritirasse la maledizione, che ne’ giorni del furore quella madre infelice aveva fulminata contro la sua figliuola. Cosí la povera Lauretta mi lasciò nel cuore per sempre la compassione delle sue sventure. Preziosa ereditá, che ora dividerò con voi, uomini sventurati...; con voi, a’ quali non resta altro conforto che