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236 iii - scritti vari dal 1799 al 1802


pubbliche sostanze facendosi della infedele astuzia mercantile, che spesso, mutati i nomi, i padri della patria arricchiva. Spavento e obbrobrio della umana schiatta è l’efferata stolidità di Caligola, quando, chiusi i granai, intimava al popolo romano la fame: ma quell’ardito intelletto, che imprenderá gli annali presenti, dará a’ posteri storia piú orrenda; poiché la sterilitá della natura e le rapine della guerra, congiurate col monopolio armato dietro al trono, la cisalpina plebe affamarono, e le vane strida degli agricoltori, e lo sconsolato compianto delle madri e de’ figliuoli morenti, e la disperazione, e le pestilenze, sorgenti furon di lucro; orde dalle traspadane rive all’Appennino le montagne e le valli, giá per lunga feconditá beate, di bestemmie suonano ancora e di gemiti, luttuose per esequie recenti e seminate di umane ossa.

Gli astii provinciali frattanto, armi giá di vecchia politica, ora e per forza di destino e per arte straniera bollivano: quindi repubblica questa di nome, ma veramente acefalo corpo di volghi, í quali, opposti e nelle leggi e ne’ dialetti e nelle monete e negli usi e nello stesso servaggio, e dalle nuove sciagure piú concitati, infaticabilmente per dismembrarsi si dibatteano. Né le province soltanto. Micidiali avversari, i concittadini e i fratelli e gli sposi partivansi in due sètte di nomi stranamente usurpati: «aristocratici», «patrioti»; e, tutti intenti al propro utile, fondato su la tenacitá delle proprie opinioni, né patria avendo veruna (e chi «patria» nomerebbe la terra dove il ricco non ha giustizia, il misero non ha pane, e la nazione né leggi né gloria né forza?), satellite ciascuno si fea de’ confinanti stranieri, che con fraudi e con armi si contendeano l’Italia, premio sempre della vittoria! E, lorda ciascuna setta de’ propri suoi vizi, aizzata era una al furore, l’altra alle trame dalla incauta persecuzione contro la religione de’ nostri padri; onde i «patrioti» impudentemente sfrenati, gli «aristocratici» studiosamente superstiziosi, strascinavano quasi la plebe agl’infernali delitti della licenza o del fanatismo: la sciagurata plebe dal fato delle cose civili eternamente sentenziata alla ignoranza, al bisogno e alla fatica, e quindi alle colpe e a’ tumulti, da niuno spavento è illusa che delle folgori