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dolente, qui t’aggirassi, o Teresa... — Barbaro! e posso sostenere la sola idea..., e non trucidarmi..., scannarmi?

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Amico bosco, voi, lugubri cipressi, vi ho pur veduti... e per l’ultima volta! E non sembrava che all’insolito mugghiar del torrente, a l’orrendo fischio degli aquiloni, al lontano rombo del tuono la gemebonda natura mi dasse l’estremo addio? Ululavano dentro le folte macchie l’ombre de’ morti, e dal vicino cimiterio s’alzavano lunghe e ferali per salutarmi. Io vengo! io scendo nel sepolcro!

Astro di Venere! la tua scintillante luce è spenta a’ miei guardi per sempre. Ah! tu manda un tremulo e queto tuo raggio all’infelice Teresa, che piange e ti stende le braccia. Qualor passerai sovra il mio sasso, le mie ceneri forse agitate si scuoteranno, e chi sa che il tuo celeste influsso non le faccia sentire un rapido moto di amore?

O rupi selvagge, voi, monti orrendi, e tu, benefico sole, e tu, pietosa natura, addio!

LETTERA LXV

Mezzanotte.

Nell’orribile silenzio di questa notte io ti scrivo: questi sono i pochi, ultimi e tremebondi caratteri ch’io ti dirigo. Sol qualche momento mi avanza; e giá giá il feral bronzo suona per me l’ora estrema. Teresa! io m’avvicino a gran passi alla morte.

Arso..., consunto; appena la mia pelle, secca, aggricciata, copre le misere mie ossa. L’amore... oh, l’amore vi sparse tutto il crudele veleno! Io t’adorava, vivea lungi date..., e... ancor non moriva? Ch’io termini dunque i miei mali! Che la mia sciagurata passione s’inabissi nel vortice tremendo della eternitá!

Io non fremo al truce aspetto della morte; una cieca disperazione non mi conduce. Teresa, io sono tranquillo! L’idea del morire mi è dolce! e quanto cara è al mio cuore questa decisa risoluzione! Cosí forse giacerò meno sventurato nella tomba, e forse... sarò degno d’un tuo sospiro!... Oh!...

Quando riceverai questo foglio, sarò freddo cadavere e disteso sotto terra; i miei occhi saranno chiusi per sempre, ed il mio cuore... questo cuore, o Teresa, non palpiterá, ma gelido e spento diverrá