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168 ii - vera storia di due amanti infelici


E come mai seppe questo genio dipinger sí ben la natura e cavarci dalli occhi le lagrime? E di qual tempra esser dovean le sue fibre? e di che forza l’accesa sua immaginazione? e quali movimenti non aggiravano il suo cuore?

Io taccio, poiché mi perdo in quel vasto campo d’originali bellezze. Dimmi, o Lorenzo: dov’è l’uomo sensibile, che vicino al sasso di sí gran poeta non si accenda di nobile entusiasmo? Se il grande Lodovico avesse veduto Teresa! se le fosse stato amico!... se!...

Non lamentarti: questa mattina sono veramente un poco meno debole e spossato, e quindi ho voluto far qualche breve passeggio a piedi... E poi? Questa misera vita vale forse il pensiero di prolungarsela con tante noie?

          O ciechi, il tanto affaticar che giova?
     Tutti tornate alla gran madre antica!1.

Parto, fra poch’ore, verso Bologna. Addio.

LETTERA LIV

Bologna, 12 giugno.

Quest’oggi, non so perché, una placida calma addormentava quasi i miei sensi. Il mio cuore tacea, né gli occhi potevano staccarsi dall’azzurro sereno dei cieli. Quanto dolce mi sembrava questa muta contemplazione delle cose di lassú! Sei tu forse, eterno Iddio, che mi sollevi da terra, e mi chiami?... Oh! Padre della natura, vedimi giacente e desolato. Tento invano di stenderti le braccia, ché la tua voce mi sgrida e mi atterrisce! Io l’ho pur lasciata!... e queste lagrime e questo cuore abbastanza ti esprimono tutto il dolore del fatai sacrifizio. Ma ch’io non l’ami?... Oh, Padre! dura, aspra, impossibil cosa tu mi comandi... E non le facesti tu stesso l’angelico volto e i divini suoi occhi? tu le rosee labbra, tu il bianco seno, tu la voce soave e il tenero cuore... Non l’ami tu? O Dio! non sdegnarti; tuona, fulmina,

  1. Petrarca