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lettera xlix 161


il grembo d’una nube, porta agli occhi del pellegrino una striscia di luce, e poi tutto s’asconde nella densa tenebria de’ mugghianti nembi: ritorna il buio, il cielo tingesi del color di morte, e mille ombre gemono ad un tempo nella folta selva e nelle cave petrose d’uno speco. Invano a lei stesi le braccia: piú non la vidi, e solo un basso eco lugubre ripetea fra gli ululi del vento le mie voci lamentevoli ed il pianto!... Ah, non posso resistere, o Lorenzo, a queste tristi memorie! Addio!

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Il mio viaggio è diretto per ora a Ferrara. Proseguirò, se l’infelice mio stato lo soffre, fino al noto paese, ove tu pensi di venire ad abbracciarmi. Amico, se mi vedessi, quanta pietá ti farei! Oggi per altro parmi meno languida la mia salute, ed appena mi resta un lieve filo di febbre. E il cuore? Oh! il cuore batte con una gagliardia..., una violenza... La sua ferita è profonda, dolorosa, insanabile!

LETTERA XLIX

Monselice, 3 giugno.

Una sua lettera, o Lorenzo! i suoi celesti caratteri! Appena quivi smontai, che giá un suo fedele contadino mi aspettava; né io mi maraviglio, giacché il mio viaggio è sempre lento e piano a cagione di mia salute. Egli, levandosi il cappello con rusticana semplicitá: — Quella signora vi manda questa lettera — mi disse; e me la porse. Io sentiva palpitarmi il cuore: mi fu forza respirar un momento prima di baciarla. Mentre stava per aprirla, m’accorsi che il contadino s’allontanava. — Eh! buon uomo, aspettate; e la risposta?

— Oh! io non so nulla: la padrona mi ha detto che non prendi alcuna risposta.

— Veramente?

— Signore, non lo credete? Ebbene! domandatelo a lei. Sono povero, ma sincero. — E, salutandomi, voleva partire.

— Anche una parola: e non mi farete il piacere di portarle un mio foglio?

— Assolutamente di no: guai! Essa me lo ha vietato con tanta severitá!