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88 orlandino


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Rampallo da Milone seppe il tutto;
teme a l’amico piú ch’a se medemo,
vedel esser in faccia smorto e brutto,
come in un colmo di dolor vedemo;
nulla di manco acciò ch’egli destrutto
non resti o morto per affanno estremo,
léval sovente con parlar salubre,
rendendolo men tristo e men lugúbre.
13
D’udirsi piú la facultá vien tolta
(proverbio: «Ch’ogni giorno non è festa»!);
torno al palazzo va Milon talvolta,
ché ’l desio di vederla lo molesta;
ma nulla fa, ch’ella sen sta sepolta
sí come donna vergine ed onesta;
ond’egli piú che mai sospira e langue
e piú non ha color, vita né sangue.
14
Ecco ’l dolce piacer sí tosto e breve,
c’hanno sovente insieme i ciechi amanti,
se giustamente equiperar si deve
a’ succedenti affanni e lunghi pianti!
Eccoti, amante, sí esto Amor è leve
che cangia in un momento in lutto i canti;
e poi che t’ha condutto al teso laccio,
fugge ’l protervo e lásciati ’n impaccio.
15
Mentre certamente passa il fatto
e ’l grosso ventre ancor non dá sospetto,
giunse a Parigi un Cardinal difatto,
che a grande onore fu da Carlo accetto.
Papa Adrian il manda molto ratto,
per tosto opporse al stol di Macometto,
lo qual possede giá Cicilia tutta;
mezza Calabria in foco è giá destrutta.