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selva terza 381


Ma come egli togliesse il grave assonto
in sé d’ogni mia colpa su la croce,
avrovvi a dir col tempo, s’io m’affronto
a un stil piú grave, e non piú che veloce.
Ché se d’altri concetti al giogo monto
col senso, non sussegue poi la voce
se non debile e inferma; come chiaro
si vede ch’io non so, ma tardo imparo.

Vedrò, se ’l debil filo non si taglia
nel mezzo del cammin di nostra vita,
quel raggio, ch’ora il senso m’abbarbaglia,
con vista piú vivace e piú spedita.
De’ bianchi e negri spirti la scrimaglia
ben tengo de le muse al monte ordita;
ma ch’abbia, se non tutto, almen in parte
di Lodovico attendo il stile e l’arte.

Non piú Merlino, Fúlica e Limerno
oltra sarovvi, ma sol Triperuno.
Tratto son oggi mai di quell’inferno
ove chi faccia ben non vi è sol uno. [«Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum». David.]
Per te, Iesú, per te vedo e discerno
esser del cibo tuo sempre degiuno;
ed «ingannato al fine si ritrova
chi lascia la via vecchia per la nova».

FINISCE LO CAOS DEL TRIPERUNO.