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352 caos del triperuno


CRISTO


Non mancheranno tesi lacci ed ami
d’un adversario tuo, che ’nvidioso
al don, ch’or ti darò, sotto velami
di veritá cerchi farti ritroso
a l’amistade nostra; ma piú bassi
che puoi gli occhi terrai col piede ombroso.
Muovi tu dunque accortamente i passi [«Haec est in omnibus sola perfectio: suae imperfectionis cognitio». Hier.]
per questo calle che a man destra miri,
onde al terrestro paradiso vassi.
Cosa non evvi per cui unqua sospiri,
anzi gioisci di quel dolce ch’io
t’apporto, acciò che m’ami e toi desiri
commetta a me che t’ho svelto d’oblio.

TRIPERUNO


Com’esser può ch’un arbore, ch’un fiume
l’un stia verde giammai senza radice,
l’altro piú scorra se acqua non s’elice
di fonte, o neve a l’austro si consume?
Com’esser può che ’ncendasi le piume,
mancando il sole, l’unica fenice,
o ch’ardi al spento foco cera o pice
di natural e non divin costume?
Com’esser può, dal cor un’alma sgiunta, [«Felix conscientia illa in cuius corde, praeter amorem Christi, nullus alius versatur amor». Hier.]
che ’n corpo viva, come allor viss’io
che ’l cor al car mio dolce Iesú diedi?
Ma ’n ciò tu sol, amor, natura eccedi,
ch’un corpo viver fai, benché ’l desio
sen porti altrove il cor su l’aurea punta.