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320 caos del triperuno


intendere per lo trasmigrare d’uno in uno altro animale: il che ancor mi pare che abbia confermato il principe de tutti e’ filosofi, Platone dico, il quale di gran lunga avanza e trapassa d’ingegno ogni altro filosofo che mai fusse o sará nel mondo, togliendo dal nuovero quelli solamente li quali alluminati furono da la vera fede, o saranno, per opera del Spirito Santo, il quale per tutte le cose averá scienza. Io credo fermamente avere sodisfatto secondo il mio giudizio a le vostre quistioni: ora intendo piú dimesticamente con voi ragionare e ricontarvi le piú maravigliose cose del mondo.

LIMERNO, FÚLICA E TRIPERUNO

Limerno. Fatimi, prego, o padre Stúnica, un piacere.

Triperuno. Con cui parlate, maestro? ove trovasi questo Stúnica?

Fúlica. Volse egli dirmi Fúlica.

Limerno. O sia Fúlica o Stúnica, vorrei da Vostra Santitade una grazia.

Fúlica. E dua, potendo.

Limerno. Non mi vogliate piú oltra imbalordire lo debol cervello con queste vostre filosofie. A che tanti Platoni, Aristotili e asini? voi potreste cosí con le mura ragionare!

Triperuno. Anzi vorrei, caro mio maestro, che vi piacesse di ascoltarlo. Ma facciamone qualche poco di pausa.

Limerno. Ditemi, prego, santo Fúlica: foste giammai di alcuna bella donna innamorato?

Fúlica. Io fui e sono innamorato per certo. [Hic Fulica supprimit divinum amorem.]

Limerno. Oh sia lodato il Dio d’amore, che piú oltra non verrò necato di parole al vento gittate! Voglio che ’n questa mia cetra cantiamo tutti noi tre successivamente qualche amoroso canto, come piú al suo particolar soggetto ciascuno de noi aggradirá. Io dunque sarò, piacendovi, lo primiero e cantarovvi di mia diva la summa cortesia, la quale dignossi mandarmi un bianchissimo panno di lino, lo quale, dapoi lungo sudore nel danzare preso, mi avesse a sciugare le membra.