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selva seconda 295


AMORE DI TRIPERUNO E GALANTA

I o dunque nudo fra cotanti nudi
N on piú arrossisco, non piú mi vergogno,
F atto di lor famiglia, ove m’agogno
L assivamente in quei salaci studi.
A lato la regina sta Limerno,
T enendole la bocca ne l’orecchia,
O nd’io ne fui chiamato possia al trono.

I n terra umilemente i’ m’abbandono,
N anti ch’al primo grado vi montassi,
C he d’altro che de marmi, petre e sassi
E rano, ma sol oro e gemme sono.
D ritto poi sul levato giá m’avento
I n fretta nanti a l’alta imperatrice,
T remando per viltá qual foglia al vento.

I ncomenciò l’altiera: — O Triperuno,
V assallo mio, de gli altri non men caro,
S appi che ’l tuo Limerno saggio e raro
T’ ha impetrato da me quel che nessuno
I n questa corte mai gioir non puote.
N ove anni e sei non passa una fanciulla:
A te la dono e facciovi la dote.

C ostei, pronta, vivace, accorta e bella,
V oglio ch’ami, desidri prima ed ardi
C he piagna e canti, assorto ne’ soi guardi,
V ersi pregni d’Amor e sue quadrella.
L imerno fia tuo mastro e fida scorta:
L imerno sa quel si ricerca amando.
O h dolce sorte a chi entra cotal porta!