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286 caos del triperuno


LIMERNO

Questa madonna, che sí dolce, altiera,
un sol di tante stelle in mezzo asside, [Suavis res est pulchritudo, quum viget prudentia.]
dimmi, dond’è che austera in volto ride
scoprendo insieme il verno e primavera?
Vedi se di vertú donna sí intera
fu mai, ch’un cor a un sol riso conquide!
Ma lui tropp’alta speme non affide,
ché fugge ’l riso ed egli piú non spera.
Cosí l’alta guerrera e sferza e freno
tien di chi l’ama, ed ama chi la vede,
anzi chi l’ode, anzi chi dir ne sente.
Cosí ’l regno d’amor costei possede,
ove tanti be’ spirti, saggiamente
bella, nudrisce al dolce suo veleno.

LIMERNO

Quando l’alma gentile, per cui sola
moro la notte e poi rinasco ’l giorno,
venne dal ciel, per farvi anco ritorno,
in questa vita ch’è d’errori scola,
Amor, che ’nqueto quinci e quindi vola,
si le fe’ contra di sue spoglie adorno,
qual fier tiranno ch’al suo carro intorno
ha tanti uomini e dèi, ch’al mondo invola.
Ma, lei di sé maggiore e d’altre frezze
vista luntan alteramente armata,
stette smarrito e dal triunfo scese.
Quella da sue virtú, da sue bellezze,
di che l’ornò natura e ’l ciel, levata
nel carro stesso, in noi l’arco si tese.