Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/269


selva seconda 263


LIMERNO

La fama, il grido e l’onorevol suono
di vostra gran beltá, madonna, è tale,
che ’n voi tanto ’l desio giá spiega l’ale,
che non mi val s’addrieto il giro o sprono.
Di che s’al nome sol l’arme ripono
con cui spuntai d’Amore piú d’un strale,
or che fia poi vedendo l’immortale [«Amatoria contagio facile fit et gravissima omnium pestis evadit». Marsil.]
aspetto vostro, a noi sí raro dono?
Ma, lasso! Mentre i’ bramo e ’nsieme tremo
vederlo, piú s’arretra la speranza
quanto l’ardor piú cresce col desio.
Però di quella omai poco m’avanza;
e pur s’un riso vostro aver poss’io,
resorto fia da voi sul punto estremo.

TRIPERUNO

Al soavissimo canto e suono di quel giovene tacquero sí le selve, racquetatosi ogni vento, che le fronde niente si moveano, non giá perché nel contado del mio maestro fusse de fioriti prati, ombrosi boschi, verdi poggetti amenitade veruna (quando che la vaghezza di quel luogo era solamente di lardo, botiro, cagiate, brode grasse ed altre simili leccardie), ma quella fiumara, che dissi essere di latte, eravi confine di tre molto differenti regioni, come se fussero la Europa, l’Africa e l’Asia. La prima regione, ove io col mio maestro abitavamo, giá pienamente dessignata avemo, la quale Carossa fu nominata. [Crapula.] La seconda, tutta vaga e ripiena di vive fontane, frondosi lauri, mirti, faggi, abeti, frassini, olive, querze, e d’altri assai bellissimi legni addombrata, chiamavasi Matotta, ove questo Limerno dimorava. [Vanitade.] La terza, [Soperfluitade.] per il contrario, tutta sassosa, rigida, secca, sterile ed arenosa, Perissa fu appellata, ne la quale un eremita detto Fúlica, senza ch’altrui