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232 caos del triperuno

condennare ad essere un simile vostro di carne, una vittima, un sacrificio, un miserabilissimo spettacolo, dovendosi egli sottomettere a la severa legge, [«Finis legis Christus ad iustitiam omni credenti». Paul.] di lei non pur conditore ma distretto osservatore, mostrandovi, con esempio prima e con dottrina poi, per quanto piacevole sentiero ciascuno di voi, le sue vestigia seguendo, potrebbe al lume di veritá pervenire. Da la quale, per l’infiata soperbia [«Tota vita Christi in terris per hominem quem gessit, disciplina mortis fuit». Aug.] de gli ignoranti dottori e saviezza mondana, tutti omai sète miserabilmente sotto l’empia potestade d’un tiranno traboccati, lo quale sepolti, non che imprigionati, nel puzzo d’ogni scelleraggine sin ad ora v’ha ritardati. Vedi tu cotesto bellissimo fanciullino, questa leggiadretta sopra ogni altra criatura? questo uomo di spirto e carne testé nasciuto? Lo quale so che ti pare soave tanto, che giá di non voler indi partire tu ti sei fermamente deliberato. Se io, che sol spirito sono, cosí fussi agevole di ragionar la lui potenzia, la lui maiestade, la lui smisurata benignitade, come tu, uomo carnale, manco idonio sei ad ascoltare, potrei quivi acconciatamente dar principio. [«Quo autem Deus pater genuerit filium, nolo discutias nec te curiosius ingeras in profundo arcani». Hier.] Ma debilissima è pur troppo de noi angioli la natura, e vieppiú la vostra umana, in comparazione di quella profundissima, incomprensibile e impenetrevole divina. Dilché sciocchi e presontuosi furono pur troppo alquanti dottori, che cosí leggermente a tal cosa isperimentare si sono abbandonati.

Ora dunque saperai prima qualmente la intelligenzia del Sempiterno Padre, la quale noi similemente «prima sapienza e divino sermone» con grandissimo tremore nominamo, tanto di vostra salute le calse, tanto l’incommutabil sua natura si commosse verso di voi a pietade, che non me, non alcun altro di angelica stirpe si elesse per vostro redentore e de l’inferno distruggitore, ma da se medema, volendo oggimai la divinitade sua con la umanitade vostra conciliare, discese occultamente da l’empireo nostro in questo vostro passibile stato, constituendosi ad essere con essi voi fratello, compagno e servitore; quando che non volse il benignissimo figliuolo vestirsi la forma d’alcun potente signore, ma ben gli piacque con perfettissima umilitade sottoporsi a vile servitude per confutare l’alterigia de’ sapienti mondani. Eccolo quivi d’una polcella, mediantovi la vertú del Spirito