Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/175


apologia de l'autore 169

ché dove sentesi la doglia ivi corre la lingua. Questo simile dico de le parole uscite talora de la penna men che onestamente pubblicate, perché non molto disconvenevole mi parve in simile soggetto fingermi «pitocco», ne la qual persona dovendosi recitare una commedia, ragionamenti soluti e strabocchevoli accascarebbono. Ben vorrovvi, singularissimi amici miei, esservi allora odioso e reprobo, quando vita e costumi a le predette immondizie corrisponderanno. Ma s’io vi parrò singularmente tassar alcuna persona, non è però ch’uomo qual che si sia poscia quella immaginare non che sapere, perché non mi reputo lealmente aver nemico al mundo tanto da me odiato quanto l’anima mia da me risguardata: bastami solamente che ambi noi sappiamo di cui si parla. Or dunque la mera veritade via piú satisfacevole vi sia che la presente apologia, candidissimi lettori miei, la quale dal seggio suo constantissimo giammai non si parte. Molto ancora vi si potrebbe dire; ma lo giá detto a gli animi generosi e leali so bene che troppo lungo e fastidioso appare; però la nobiltade d’ogni altro spirito non si dignará, spero, leggere cotal mia satisfazione in una notte impetuosamente composta, essendomi da non so cui potente tiranno minacciato, ed io con ogni veritade, la quale partorisce odio, mi son posto a tentar di sodisfar a lui con gli altri di simile sentenzia.