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capitolo ottavo 149


32
Queste parole ed altre colme d’ira
dicea Rainero contra ogni ragione;
perché qualunque nel parlar s’adira,
convien che ’l sentimento l’abbandone:
ma spesso accade ch’un signor delira,
parlando de la chiesa, a passione,
parendo lor (e pur han torto grande!)
pasto de’ frati esser le fabe o giande.
33
Risponde allor l’abbate: — Alto signore,
con sopportazion vi parlo schietto;
ecclesia Dei non facit mai errore,
non so se in Tullio voi l’avete letto;
ed Aristotel, ch’è commentatore
oggi al Vangelo sol, dice in effetto
quod merum laicus non det iudicare
clericam preti et fratris scapulare.
34
Ed una chiosa canta, quod prelatum
non est subiectus legi Constantina,
affirmans eo quod nullum peccatum
accidit in persona et re divina.
Et hoc deinceps fuit roboratum
in capite: «Ne agro» a Clementina.
Et princeps, qui de ecclesia se impazzabit,
scomunicatus cito publicabit.
35
Ed anco Thomas dice a la seconda
distinzion, capitol Quo di sopra,
quod unde Spirtus Sanctus si profonda,
possibile non est che mal si scopra.
Per me, signor, non voglio che s’asconda
il viver mio in visu, verbo et opra,
quando che ’l Salvatore ci ammaestra,
parlando a tutti, luceat lux vestra.