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Quivi sovente il pover Orlandino
mal in arnese trovasi fra loro;
dinnanzi li altri sempre il parvolino
le pietre fa cantar nel ciel sonoro;
ed è cagion sol esso col polvino
turbar le stelle, mentre di coloro
parte sgomenta, rumpe, caccia e dálli,
parte con gridi arguti drieto válli.
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E, come avvien al troppo baldanzoso,
rotta la testa spesso ne riporta;
ma non che per sí poco vien ritroso;
cacciasi avanti a’ soi compagni scorta,
e quanto piú sia tócco, piú sdegnoso
di pietre e sassi un turbine supporta,
sí che a la grotta torna poi la sera
tutto dirotto, e Berta si dispera.
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Spesso gli parla e dice: — Figliuol mio,
perché ti fai cosí tutto pestare?
Lascia le pietre, per l’amor di Dio,
ché ’l viso tuo d’un diavolo mi pare! —
— Volete, madre mia — risponde, — ch’io
mi lasci da ciascuno ingiuriare?
«Figliolo di puttana» ognun mi chiama,
ed io supporterò perder la fama?
31
Se un tale oltraggio fare mi permetto,
ch’altro nome guadagno che «bastardo»?
Ed io, madre mia cara, vi prometto
voler mostrar che non pur son gagliardo,
ma sono per cavar il cor dal petto
a chi del vostro onor non ha riguardo;
e, se mai torna il padre mio Milone,
dirolli sul bel volto ch’è un poltrone,