Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/129

CAPITOLO SETTIMO


1
La donna che dal ciel trasse l’origine
mi riconduce al passo convenevole
a qualunque si sferra di caligine
per acquistarsi un stile piú lodevole;
ma l’abito maligno e la rubigine
d’un incesso balordo e strabucchevole,
difficili mi rende, anzi contrarie,
le vie che mai non seppe la barbarie.
2
Ed oggi pur a nostro vituperio
passate son di lá le buone lettere,
mercé ch’abbiam commesso un adulterio
tal, che smarrite sono l'arti vetere.
Veggio fatto volgar fino al salterio,
cantandol su pei banchi ne le cetere;
né passo per taverna o per bottega
che Plinio od altro simil non si lega.
3
La fresca aurora piú che mai leggiadra
da l’orizzonte omai scotea le piume;
surge ’l pastore a beverar la squadra
di sue care caprette al chiaro fiume;
poi leva gli occhi al cielo e ben lo squadra,
che schietto nascerá di Febo il lume;
di che, tolto ’l bastone, s’assicura
e for guida l’armento a la pastura.