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Con qual silenzio grata pioggia cade
sul molle dorso di lanosa greggia,
cosi quella soprema Maiestade,
che ’l mondo fa tremar qualor dardeggia
folgori e tuoni a queste rie contrade,
vien cheto cheto e punto non motteggia,
come disse ’l profeta «che ’l Signore
occulto sen verria qual rubatore».
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Mai l’uman seme non campato fora
de l’intricato e cieco laberinto,
se l’incolpevol Dio, per trarlo fuora,
di nostra pece non si fosse tinto. *
Pur sempre egual al Padre in ciel dimora,
con Lui d’amore e maiestade avinto:
lá move il tutto e sopra tutti regna,
qua sotto porsi tutto a tutti degna.
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Ma dopo alcuni giorni essa Madonna,
che gli angelici detti nel cor have,
come di Zacaria l’antica donna
era d’un figlio di sei mesi grave:
presta si leva in poveretta gonna,
non giá come colei che poi la chiave
del ciel posseder debbia, ma si come
sposa d’un fabro, e d’assai basso nome.
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Va quanto può ver’ Galilea nascosa
soletta a piedi, over da Lui portata,
che porta in ventre come in stelo rosa,
insin che lieta giunse a la cognata,
che, surta in piede debilmente, annosa,
fu da la santa diva salutata;
del cui saluto mosse tal dolcezza,
che i figli lor dièr segno d’allegrezza.
T. Folengo, Opere italiane - 11.
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