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Al qual Iesú: — Non è di questo mondo
il regno mio; ché, quando cosi fosse,
quanti fedel ministri altrove ascondo
farian sentire a voi, mortai, lor posse!
Tengo ’l mio stato piú alto e piú profondo:
colá son quinci per tornar, ma scosse
che l’arme sian di man del re de l’ombre,
donde convien eli ’una gran gente sgombre.
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Qua venni per aprire a l’uomo cieco
gli occhi de lo ’ntelletto a Veritade,
di cui son testimonio e l’ho qui meco
con Fé, Pietá, Fortezza e Caritade. —
A cui Pilato: — Hai Veritá qui teco?
e chi è? — Cosi, poi ch’ebbe detto, cade
il sciagurato in merito di mai
non pervenir d’un tanto sole a’ rai.
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S’affaccia del palazzo ad un balcone,
ché ’l popol sta lá giú per non v’entrare:
entrar non vuol né può, sol per cagione
del di pascale, a lor si singolare.
Stanno da settemillia e piú persone
in su la piazza grande ad aspettare,
tra quelli che Iesú vorian vedere,
tra quei c’han voglia in lui sol di nocère.
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Parla Pilato a loro: — I’ non ritrovo
causa perch’un uom tale morir deggia.
Ho di sua vita cerco dal prim’ovo:
dubbio non ha, costui gli dèi pareggia:
ma, sendo un uso in voi non strano e nuovo
ch’un simil mio, ch’ai popol signoreggia,
da Pasca un reo di carcere vi dona,
vi donerò chi porta in voi corona. —