Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/272

52
Fe’, dico, qui l’altissimo Signore
bassissime le prove d’umiltade;
e ne fu prima in fatti precettore,
in detti poi per nostra sicurtade,
quando, da Pietro infino al traditore
incominciando, l’unica Bontade
lavò non giá lor mani, non lor colli,
ma lavò i piedi, gli asciugò, baciolli.
53
Parvi, signor, che d’umiltá sul fondo
a quanto mai puotéo calar s’assise,
se le man formatrici del gran mondo
a un atto si negletto sottomise?
Atto negletto no, eli’ un piede immondo
in quelle monde man Superbia uccise,
la uccise si, ma ravvivasse allora
che Constantin lasciò fra noi Pandora.
54
Qui s’occultár gli apostoli, qui s’ebbe
Burnii principio del papal fastigio,
quindi de’ regni su le cime crebbe
de’ pescatori un picciolo navigio,
qui documento aver tal uom potrebbe
d’amar vertú piú che temer prodigio
d’ondante fiume o di codata stella;
ch’ov’è bontá, la sorte invan flagella.
55
Fra tanto, ad Anna ii Re del ciel condutto,
stettegli avanti in foggia di ladrone;
le man, le braccia, ’l collo, ’l corpo tutto
carco di nodi avea fin al talone.
Giovanni evvi presente, eh’ introduco
havvi similemente il buon Simone,
e quel giá incorso nel premier suo fallo,
ch’ai terzo canterá l’arguto gallo.