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Fu ne gli antichi giorni (allor che sotto
Nabuccodonosor l’Ebreo languia)
un prode cavallier di legge dotto,
pien di ricchezza e piú di cortesia,
con tanta autoritá eh ’ad un sol motto
il popol saviamente a fren tenia,
di nome Gioachin, di sangue regio,
di vita onesto, di costumi egregio.
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Il Re del ciel, che mira sempre c ’nvita
noi d’alto e ne fa grazia o pur vendetta
secondo il provocamo e de la vita
de’ buoni amabilmente si diletta,
ebbe la foggia di quell’uom gradita,
e, come ad or’ provato perla eletta,
congiunge ad esso in matrimon la buona
e bella piú che fosse in Babilona.
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Or qui non vovvi ornar costei di stelle,
perle, topazi, oro, diamanti ed ostro,
materia di colui che ’n rime belle
bel fatto avria parer qualunque mostro.
Felici noi, beato lui se quelle
sue tante carte e quel suo tanto inchiostro
in sé di croce avesser l’alto obietto,
come d’una Loretta ciò ch’è detto!
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La leggiadria d’un stile tanto grave
tal esca dolce a l’alme fora stato,
che quanto sia Iesú d’amor suave,
invagite di lui, l’avrian gustato:
donde, ritrose a far le cose prave,
starian sempre nel ciel col cor levato,
e que’, gittati a l’aura inchiostri e pianti,
andrian con piú profitto al Padre avanti.