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Non fu quell’ increpar finito ancora,
che ’l lieto infermo, non piú infermo, eruppe
di quelle strazze fuor, come talora
usa far pollo d’intricate stuppe,
ove allacciata or questa gamba ed ora
scuote quell’altra, infin se ne sviluppe;
poi, toltesi le some a collo, in fretta
va presto e del gir nuovo si diletta.
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Di tanta meraviglia fu quell’atto,
ch’un mondo di persone gli va dietro:
esser fasciato il vider e disfatto
e tratto in su la bara inanti e ’ndietro;
or con propri occhi vedonlo si ratto
volar sotto l’ incarco del ferètro.
Però dan laude a Dio che ’n lor etade
abbia concesso ad uom tal potestade.
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Non son, però, da quanto furon prima
smossi d’un’oncia i duri sacerdoti;
anzi piú che poggiar di lode in cima
veggon Iesú con le sue belle doti,
piú per invidia tornano ne l’ima
vai d’ ignoranzia, ove, dal del rimoti,
nudi di grazia, di superbia pregni,
son di lor stesse piaghe perir degni.
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Ma la bontá, cedendo a la maliccia,
quindi si leva e verso il mar sen riede.
Quelli, c’han anco di tradir periccia,
mostrano ne’ suoi detti aver gran fede:
con Pietro fan di lupo l’amiciccia
(che ’n lor la scorza, e non quel d’entro vede),
sol per indurlo a far domande spesse
al Mastro suo, se’n qualche error cadesse.