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Giá l’alma del buon ladro, a cui promessa
del ciel la gloria fu senz ’altra pena,
tutta soletta errava e giá, dov’essa
fida speranza lei richiama e mena
per lunga via d’orme seguaci impressa,
va brancolando e sé vedendo a pena;
ché il giorno annotta piú, piú che disgrada
dal cerchio al centro la diritta strada.
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La qual con ripe a’ fianchi è si patente,
che gir ben cento carra eguai vi ponno:
fosso non ha né sasso alcun pendente,
ma vassi piano al sempiterno sonno.
Vedevi andar con molta e varia gente
chi re chi duca od altro simil donno:
vi si procede sol né mai si riede
come stampar la rena il piè si vede.
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Alfin d’ardenti rai mirò novella
luce spuntar come di nebbie Apollo;
le perdute alme al rischiarar di quella
scampan con l’ungie al viso e l’occhio mollo.
D’odiare il lume ed ogni cosa bella
destin lor è, si come Dio fermollo,
e quinci avvien che i foghi da’ lor occhi
cosi veduti gli ardon come tocchi.
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Balze pendenti, ronchi alpestri e coti
porge la via dissopra e da le sponde.
Que’ spirti allor, per gir dal sol rimoti,
cercan fessure, buchi e ciò che asconde
si come al lampeggiar de l’alba i noti
lor antri e tane cercano l’ immonde
nottole, gufi, vespertilli e quanti
notturni augei attristan con lor canti.