Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/157

64
Sostiene il mio bel Padre i brutti figli,
non gli odia, no, ma solo i vizi loro;
stravagliali sovente dagli artigli,
dal vischio, da le trame di coloro
che, acciò figliuolo alcuno non somigli
tal Padre ed abbia il tolto a lor tesoro,
l’inducon spesse volte in odii, in ire,
in sanguinose voglie, atroci e dire.
65
Assai diffusamente dissi quanto
salir dé’ l’uomo ad esser giusto e buono.
Ora m’avanza esporvi che fra tanto
il fatto ben non cerchi fama e suono:
la vanagloria, l’ostentarsi, il vanto
duro naufragio di buon’opre sono.
Stia giorno e notte il mio nocchier accorto
che, poi ch’ha vinto il mar, non rompa in porto!
66
Quanto ti chiede o cerca l’affamato,
l’ignudo tuo fratei che gli sovegna,
impartilo del ben che ti vien dato
da Lui, eh ’eguale a tutti e giusto regna.
Ma vedi ben che, s’esserne lodato
dagli uomini contendi ed una insegna
quasi ti mandi a suon di tromba inanzi,
diffalchi in terra e nulla in cielo avanzi.
67
Con tal manera gonfi e personati
scorron le piazze scribi e farisei,
danno in palese, acciò che ’1 mondo guati,
acciò eh ’un certo alzar di ciglia ’i bèi.
Meschini lor, ché Dio guiderdonati
gli ha giá di fumo e popolar trofei !
Fa’ contra tu, né la tua man sinestra
sappia ciò che ’n secreto dia la destra!