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E della lor memoria erga le pietre:
Onde i figli del Nord possano un giorno
210Mirare il luogo, ove pugnàr da forti
I loro padri, e 'l cacciatore esclami,
Mentre s'appoggia a una muscosa pietra:
Qui Fingallo e Svaran lottaro insieme,
Que' prischi eroi: così diranno, e verde
215La nostra fama ognor vivrà. — Svarano,
Fingal riprese, oggi la gloria nostra
Della grandezza sua giunse alla cima.
Noi passerem qual sogno: in alcun campo
Più non s'udrà delle nostr'arme il suono;
220Ne svaniran le tombe, e 'l cacciatore
In van sul prato del riposo nostro
L'albergo cercherà: vivranno i nomi,
Ma fia spento il valor. Carilo, Ullino,
Ossian, cantori, a voi son noti i duci
225Che più non sono. Or via, sciogliete i canti
De' tempi antichi, onde la notte scorra
Tra dolci suoni, ed il mattin risorga
Nella letizia. Ad allegrare i regi
Sciogliemmo il canto, e cento arpe soavi
230La nostra voce accompagnàr: Svarano
Rasserenossi, e risplendè, qual suole
Colma luna talor, quando le nubi
Sgombran dalla sua faccia, e lascian quella
Ampia, tersa, lucente in mezzo al cielo.
     235Allor Fingallo a Carilo si volse8,
E prese a dirgli: — Ov'è di Semo il figlio?
Ov'è il re di Dunscaglia? a che non viene?
Come basso vapor forse s'ascose
Nella grotta di Tura? — Ascoso appunto,
240Rispose il buon cantor, sta Cucullino
Nella grotta di Tura; in su la spada
Egli ha la destra, e nella pugna il core,
Nella perduta pugna. È cupo e mesto
Il re dell'aste, che più volte in campo
245Già vincitor si vide. Egli t'invia
La spada di Cabarre, e vuol che posi
Sul fianco di Fingàl, perchè qual nembo
I poderosi suoi nemici hai spersi.
Prendi, o Fingàl, questa famosa spada,
250Che già la fama sua svanì qual nebbia
Scossa dal vento. — Ah non fia ver, rispose
L'alto Fingàl, ch'io la sua spada accetti.
Possente è 'l braccio suo: vattene, e digli
Che si conforti; già sicura e ferma
255È la sua fama, e di svanir non teme.
Molti prodi fur vinti, e poi di nuovo