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un nuovo poeta romanesco. 33

corrisponderà a quella di questi cinque (che a me paiono i suoi migliori), come è certo che vi corrisponderà la vis comica, egli avrà senza dubbio un bel posto nella storia delle nostre letterature dialettali.


V.

Tornando al nostro poeta, io posso affermare con piena sicurezza, che ne’ molti sonetti di vario argomento che ha composti prima e dopo della Duttrinella, egli continua sì, e fedelmente, la maniera del Belli, della quale conosce tutti i segreti; ma tratta soggetti affatto nuovi, o che il Belli ha trattato sott’altro aspetto. In altri termini, egli si serve dell’arte stessa del maestro, del quale par che possieda anche la fecondità prodigiosa; ma non pesca le sue impressioni nelle opere di lui, bensì le riceve dalla vita reale in cui vive e che in tante e tante cose non è più quella de’ tempi del Belli. Vedete, per esempio, che fior di partito ha saputo cavare dalla nova usanza di andar vendendo i giornali per le strade:


        Ah .... mo la stella je se fa contraria
    A sti Tajani, e quanti qui se troveno
    La dovranno pijà l’erba fumaria! *
        Ste smosse d’occhi, Checco mio, te proveno
    Che quarche cosa certo c’è per aria! ...
    - Si, ce so’ li filetti che li moveno.

    • Cioè: «dovranno far fagotto e scomparir come il fumo.»