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un nuovo poeta romanesco. 13

sto passo per caso, quasi senza addarsene: ottimo segno, che indica una vocazione vera e matura. Riferisco, parola per parola, un brano d’una lettera che egli mi scrisse il 4 decembre del 76: «Accadono giornalmente nel mondo alcune cose che, pur troppo, non si spiegano . Io non avevo, posso quasi dirlo, scritto mai due soli versi nel corso della mia vita. Ma sui primi di luglio, per una faccenda tutta scolastica,» egli è soprintendente delle scuole municipali di Roma, «e che pareva non potesse dare appiglio a nulla, e nella quale fu causa di retta l’amico comune Santini, mi venne fantasia di rispondere a questo con un sonetto in vernacolo .... Be’, da quer giorno in poi, sor Giggio mio, per dirtela propio talecquale, ho incominciato a scriver sonetti in vernacolo, e scrivendo senza interruzione in tutti i momenti che raccapezzo fra le varie occupazioni scolastiche, ho già fatto, in cinque mesi, un trecento sonetti. Ne vo leggendo di quando in quando al Santini e a qualche altro amico buon intendente; e tutti m’incoraggiano a seguitare. E io séguito. Già seguiterei, quand’anche non mi s’incoraggiasse a farlo; tanto mi ci sento spinto! Mi parrebbe davvero d’aver perduto la mia giornata, se non avessi trovato il modo di buttar giù un paio di sonetti. I primi furon tutti diretti al Santini; ma tentai ben presto di camminare sopr’altra via, e procurai di trattare argomentini non