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10 un nuovo poeta romanesco.


     Nè sol d’amico il santo nome e bello
Corse fra noi, ma per bontà di Dio
Poi mi divenne e lo chiamai fratello,

     Quando con rito venturoso e pio
Entrò sposa nel mio povero ostello
La sua dolce figliuola al figliuol mio.


Malinconici versi, ben differenti da altri che in più lieti tempi il poeta aveva composto per la famiglia Ferretti! Quando nacque il nostro Giggio, la gioconda musa romanesca del Belli accompagnò i suoi primi vagiti. Al rifresco fatto per il battesimo, si vede che intervenne, non invitata, una di quelle matrone ficcanaso e spropositate che abbondano in Roma; e il poeta che era lì a partecipare le gioie dell’amico, la colse a volo, com’era solito suo, e ne incorniciò il tipo in questi quattordici versi:

Er rifresco der sor Giachemo.

(22 febbraio 1836.)

     Serva sua, signor Giachemo. È premesso?1
Se pò entrà?2 Come va la partoriente?
Oh manco male, via, nun sarà gnente.
Dio la consoli co’ mill’antri3 appresso.
     E er pupetto? Che nome j’hanno messo?
Perché, insomma, vedènno tanta gente,
Me vojo figurà naturarmente
Che l’hanno, dico, battezzato adesso.

  1. È permesso?
  2. Si può entrare?
  3. Con mille altri figli.