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sonetti. 155


CVII.

POVERA DONNA!


     Oh, Tuta 1 mia, bon giorno! È vero, di’,
Quer che staven’2 adesso a dì quaggiù,
Che tu’ marito è morto? — È vero sì,
Stammatina a le sei nun c’era più.

     — E com’è stato? — Eh, fija, io stavo lì,.
Quanno m’ha fatto:3 «Tuta, àrzeme4 su.»
Io l’ho ajutato.... s’è appoggiato qui,
E c’è arimasto. — E figùrete tu,

     Quanno ch’hai visto...! Io pe’ me nu’ lo so
Ch’avrebbe 5 fatto. — E ch’avevi da fà?
Ce vò coraggio. Io puro per un po’

     So’ stata, sai, più de là che de qua....
— Povero Checco!6 – Eh, pe’ lui tanto, no;7
Ch’arméno lu’ ha finito de pena.



  1. Gertrude.
  2. Stavano.
  3. M’ha detto.
  4. Alzami.
  5. Avrei.
  6. Cecco, Francesco.
  7. Eh, per lui tanto, no, non c’è da dir povero; perchè (come dice nel verso seguente) almeno, lui ha finito di penare. E sottintende chiaramente: Povera me piuttosto, che son rimasta senza il suo aiuto!