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un nuovo poeta romanesco. 3

in versi, e molto meno in versi legati in quell’ardua forma! Ma il poeta ha potuto produrre questa illusione, appunto perchè da ciò che anche lui aveva realmente udito, ha indovinato felicemente ciò che in altri casi simili avrebbe potuto udire: dal fatto reale è asceso al probabile, dando sempre rigorosa unità alle sue scene, e scolpendo i caratteri con tanta sicurezza, che spesso fin dalle prime parole si rivelano interi.

Questa perfetta verisimiglianza s’incontra in tutti i sonetti del grande poeta. Solo in alcuni, e particolarmente di quelli politici, il concetto è troppo studiato o troppo alto, e ci si sente un poco la personalità dell’autore. Nè deve recar maraviglia che, ciò non ostante, i sonetti politici siano più noti e ammirati degli altri; perchè, prima di tutto, il difetto da noi notato si trova in pochissimi, e poi è ben naturale che, specialmente ai non romani, paressero più belli questi sonetti in cui il poeta si eleva, qualche volta anche per conto proprio, a un ordine d’idee comuni e ben accette a tutta Italia, che non quegli altri in cui ritrae fedelmente il sentire e il pensare speciale della plebe romana, e che non offrono un immediato raffronto col vero, se non a chi abbia ben conosciuto quella plebe. Il difetto dunque giovò, anzichè nuocere, alla fama del poeta, ed è anche una prova incontrastabile che egli, quando concepiva e