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2 un nuovo poeta romanesco.

lingua, così stava sempre all’erta per non uscir dai confini del pensiero popolare. Dimanierachè, se tutto quel ch’egli dice non fu detto dal popolo, non c’è però nulla che il popolo non potesse dire; e da ciò nasce quella fusione maravigliosamente perfetta, che tutti ammiriamo in lui, tra la materia e la forma.

Chi ha dimorato in Roma, e legge il noto sonetto della Poverella,1 gli pare d’aver sentito mille volte chiedersi l’elemosina proprio con quelle stesse parole. Eppure, nessuna accattona ha mai parlato

  1.     Benefattore mio, che la Madonna
    L’accompagni e lo scampi d’ogni male,
    Dia quarche cosa a sta povera donna
    Co’ tre fiji e ’l marito a lo spedale.

        Me la dà? me la dà? dica, eh? risponna;
    Ste crature * so’ignude talecquale
    Ch’el Bambino la notte de Natale;
    Dormìmo sott’a un banco a la Ritonna .**

        Anime sante! *** se movessi un cane
    A pietà! Arméno ce se movi lei,
    Me facci prènne un bocconcin de pane.

        Signore mio, ma propio me la merito,
    Sinnò, davéro, nu’ lo seccherei....
    Dio lo consoli e je ne rènni merito.****


        * Queste creature: i tre jigli che ha co: sè.

        ** «Presso il Panteon, chiamato volgarmente la Rotonda, veggonsi de banchi di venditori di commestibili, aperti solo sul davanti in modo da poter offerire un ricovero.» (Nota del Belli.)

        *** Sottintendi del Purgatorio. È un’esclamazione di dolore.

        **** «Le pitocche non estremamente plebee, così sogliono accattare. Le parole di questo sonetto debbono articolarsi con prestezza e querula petulanza.» (N. d. B.) – Per la diversità tra l’ortografia dei Belli e quella usata da noi in questo e in tutti gli altri sonetti contenuti nel presente volume, si vedano le Avvertenze intorno al Dialetto romanesco, a pag. 45 .