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la creazione 37


tempi, e se ne tiene lontano, senza esagerare nel suo sdegno. A furia di viver sognando con quei mitici eroi e quei generali favolosi, egli riesce a sopportare con tanta dolcezza il male del mondo, che non sa più immaginare un carattere doppio o un’anima ipocrita, crede per davvero ai discorsi de’ suoi oratori, senza mai permettersi un sorriso ironico, e ha troppa coscienza della sua responsabilità per attribuire, senza scorta di documenti sicuri, qualche pensiero ad un suo personaggio. Tacito invece non riesce a immaginare una condotta lineare, e un’anima sincera; i suoi personaggi procedono sempre per vie tortuose, spinti da passioni recondite o da pensieri segreti, che Tacito conosce a fondo come se fosse il loro intimo confidente. A questo modo scopre spesso doppiezze ed ambiguità dove c’è una tranquilla franchezza. Ma egli adopra a dimostrar certe tesi una divertentissima abilità, interpretando con sottigliezza greca i documenti, mettendo in luce quelli che gli sono utili e nascondendo i contradditori, tal quale un avvocato.

È così riuscito ad imporre ai posteri le figure di Tiberio, di Claudio, di Agrippina, per il loro straordinario risalto, ma le ha falsificate una dopo l’altra secondo lo stesso preconcetto. Tiberio è il tipo che incarna meglio quello strano ideale letterario, perchè, essendo la doppiezza in persona, è ricchissimo di sfumature, di contrasti, di dubbi, di raffinate perversità, di morbose inquietudini, cosicché in qualunque sua azione si possono ritrovare doppi motivi. Con dei « si credette »... e dei « si pensò »... Tacito fa pas-