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favole per i re d’oggi 105

Perduta ogni speranza di cavar qualcosa di buono da quel celebrato maestro, lo piantai lì in asso, e mi misi a girare in cerca di qualche altra bestia più sapiente in amore.

Incontrai un somaro; ma, considerando che eravamo di maggio, lo lasciai passare senza dirgli nulla.

Feci invece la mia domanda a un bel gatto soriano.

— Fossi matto! — mi rispose, — a dirlo a te quel che penso io dell’amore! Vado sui tetti apposta per far le mie cose in pace!

E mi toccò seguitare per la mia strada. Finchè vidi affacciarsi un becco ad una siepe. «Questo se ne deve intendere!» pensai, e senza por tempo in mezzo gli feci la mia brava domanda.

— L’amore? — disse il becco con molta disinvoltura: — Mah! Io, a dirti il vero, non ci ho mai pensato seriamente. So che è l’amore che ci fa crescer le corna, perchè me lo ha insegnato mia madre; e questo mi basta.

Non son uomo da perdermi presto di coraggio. Alzai la testa e chiamai un farfallone che, manco a dirlo, rincorreva una bella femmina.

— Mio carissimo amico, — mi strillò senza fermarsi, con la sua facile cordialità da veneziano: — l’amore te lo dico io che cos’è: un passatempo che può costar la pelle! — E continuò allegramente a far capriole al vento dietro l’addome della bella femmina.

Il serpente fece lo spiritoso: — E un nodo indissolubile, — sentenziò, e soggiunse con un bifido sorrisetto — ...che però si può sciogliere benissimo!

Trovai una tartaruga che cenava tranquillamente con un fungo porcino.

Mandò giù il boccone, sospirò senza nessuna fretta,