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36 | prologo sul teatro. |
il solo poeta. Oh, fammelo, amico mio! fammelo oggi.
Il Poeta. Deh, non mi parlate di quel tuo volgo multiforme, dinanzi al quale fugge e si oscura l’ingegno. Celami all’ondante moltitudine che nostro mal grado ne travolge nella vorticosa sua piena. Oh, lungi da essa! ponimi nelle romite e serene regioni, dove candida gioia può sol fiorire al poeta; dove l’amore e l’amicizia gli vegliano intorno, e gli compartono tutto ciò che più fa beato il nostro cuore.
Ahi, e quello che prorompeva dal petto profondo, e quello che mormoravi con timido labbro — quando riprovevole, e quando forse non indegno di lode — egli ti è capricciosamente ingoiato dall’istantanea fortuna. E sovente ancora è bisogno del volgere degli anni perchè il nostro concetto appaia splendido di bellissima forma. Ciò che subito sfavilla muore rapidamente, ma il semplice e sincero si riserva alla posterità.
Il Faceto. Io vorrei pur una volta non udir parlare della posterità; perchè, poniamo ch’io pure non avessi altro nel pensiero che i posteri, chi più darebbe sollazzo a’ presenti? ed ei pur vogliono e deono averne. Nè mi par poi che un giovane di bel garbo sia da stimarsi nulla perchè vive oggi. Chi sa gradevolmente compiacere agli animi altrui non avrà mai a dolersi dei dispetti del volgo; anzi egli si desidera una gran raunanza perchè gli verrà meglio fatto di sollevarla. Però siate animoso: mettetevi innanzi come modello; lasciate spaziare la fantasia col suo corteo del senno, degli affetti, delle passioni; ma — date retta — vuol esservi anche la pazzia.