Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/400

394 varie



     25Ma sereno è il cielo a pena,
tace il mar, sospira il vento,
ch’ei del liquido elemento
torna l’ire a cimentar.

     L’un fra ’l sangue e fra la polve
30cinge il crin di nuovi allori,
ed è prezzo a’ suoi sudori
piú d’un regno conquistar.

     Giunge l’altro al patrio lido,
e riporta e gemme ed oro,
35e sta lieto sul tesoro
la vecchiezza a riposar.

     Se voleva il cielo ignota
tua beltade, la natura
perché pose tanta cura
40per formarti a lui simil?

     Perché mai, rapita all’ombre,
ravvivar dell’amorose
gote tue volle le rose,
volle il labbro tuo gentil?

     45Sotto il ciglio, da cui pende
il mio fato, amata Fille,
il fulgor di tue pupille
per asconderle animò?

     Non offerse quel crin d’oro
50dolce laccio a un cuor conquiso,
che perché fosse reciso
dalla man che lo serbò?

     Perché fosser vano pondo,
di due eguali poma intatte,
55quel bel sen sparso di latte,
che idolatro, ricolmò?