25Nell’occhio sfavillante — d’intrepido guerriero
in tratti maestosi — scolpisti il tuo splendore,
e nei timidi sguardi — dell’umil verginella l’amabile pudore.
Dei parchi vecchi in fronte — l’immobile sapienza 30sembra che teco scriva — gli aurei decreti eterni;
l’orfano senza appoggio — trova un asilo innanti a’ tuoi sguardi paterni.
Tu sei che germogliare — fai dalla calda terra
i deliziosi frutti, — che avean promesso i fiori; 35tu versi nel suo seno — le feconde rugiade e i gel riparatori.
E allora che il desio — nell’anime languenti
la voce incantatrice — di primavera adduce,
tutto ciò che creasti, — spirando tenerezza, 40s’agita e riproduce.
Dall’antartiche sponde — all’artico confine
te invoca de’ suoi figli — lo stuolo ampio disperso;
per te ridente e bella, — benedice natura il Dio dell’universo.
45Scorrendo il corso eterno, — le sfere, i mondi, i soli
narran tuoi benefici, — innanzi a te protesi,
e d’immensa armonia — empion, fremendo, i cieli attoniti e sorpresi.
Gran Dio, che agli scettrati — potenti assisi in soglio 50tingi l’altera fronte — di timido pallore,
che nei tuguri oscuri — visiti degli oppressi l’insultato dolore;
del premiato delitto — tormento ognor presente
nei giorni, che lo stolto — crede illustri e felici, 55dell’innocenza afflitta — bisogno, amico estremo degli umili infelici.