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4 | adolfo faggi |
Non voglio con ciò per nulla escludere che nelle illustrazioni o figurazioni grafiche del M. E. (e anche posteriori) si rappresentasse la sfera del fuoco con fiamme visibili. Ciò era richiesto dalle esigenze stesse della rappresentazione o figurazione pittorica: ma è certo che, nella coscienza scientifica del tempo, in conformità della dottrina aristotelica e dei commenti medievali a questa, il fuoco era un elemento più fine, più sottile, più rarefatto dell’aria, che, invisibile nella sua sfera, diventava visibile soltanto fuori di essa, nelle cose cui si appigliava. Aristotele in più luoghi delle sue opere distingue nettamente il fuoco, che, come elemento, è materia in sè calda o materia pura del calore, Wärmestoff, direbbero i Tedeschi, ossia calda esalazione asciutta; e la fiamma, che non è materia permanente, come gli elementi, ma semplice fenomeno prodotto dalla trasformazione dell’umido (acqua) e dell’asciutto (terra).
Ma mi preme ora di aggiungere, poiché il mio studio presentato all’Accademia terminava con un accenno alle dottrine di Leonardo da Vinci, che tra le sue preziose note si trova la
Duchessa. Tuttavia Don Chisciotte, pur non movendosi da terra, crede nella sua immaginazione, avendo gli occhi bendati come il suo scudiero, di volare realmente per gli spazi celesti e di attraversare la regione del fuoco, non senza gran timore di restar bruciato. Infatti gli spettatori della burlesca scena, con certi pennacchi di stoppa da potersi agevolmente accendere e spegnere, penzolanti da una canna, vanno scaldando e bruciacchiando loro il viso. Nel canto XXXIV dell’Orlando Furioso è narrato conte Astolfo arrivi in cima alla montagna del Paradiso terrestre, e sotto la guida di San Giovanni attraversi, per arrivare al regno della Luna, la regione del foco:
Quattro destrier, vie più che fiamma rossi Al giogo il santo Evangelista aggiunse; |