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eccelsa natura! Mira la dirittura della tua persona degna d’un contemplatore de’ cieli! La natura prostrò sul ventre tutti gli altri animali, cercano il vitto sul terreno, e seguono le sole voluttà del ventre sul quale si piegano. Guardati però, o uomo, di non curvarti a guisa de’ bruti nelle terrene cose infangandoti sempre intento alla gola.

Non si può digiunare senza pregiudizio del corpo? Anzi per conservare sano e fiorente il corpo dobbiamo digiunare, mentre il peso de’ cibi è che lo stempera ed opprime. Mi appello al padre della medicina; l’astinenza, ei dice, è il balsamo che i corpi in questa corruzione mantiene incorrotti. La mensa parca, e povera non fu mai grave al corpo. E certo la medic’arte sempre, e da per tutto a chi è d’inferma salute la semplice frugalità comanda. Perchè dunque se a questa legge si ubbidisce ci ribelliamo all’altra che vuol sanarci anche l’animo? Malati noi per la colpa risaniamoci colla penitenza. Molto più che l’abuso delle gravi carni mal digerite ci ridurrà infermi, dice l’Ecclesiastico, in multis escis erit infirmitas (1) ce ne verranno e veglie, e dolori, e fin’anche il temuto morbo asiatico, vigilia..... et tortura.... usque ad choleram (2) poichè per l’intemperanza de’ conviti molti morirono e muojono, propter crapulam multi obierunt (3), ma per la prescritta astinenza da cibi no, si prolungano anzi la vita, conchiude lo Spirito Santo, qui autem abstinens est adiiciet vitam (4).

Ma si patisce obbedendo al precetto del digiuno! Ed io ripiglio, è appunto intenzione della Chiesa che si patisca alcun poco col digiuno e l’astinenza; dunque il fine ch’ella si è proposto nel suo precetto non potrà mai divenir ragione che ve ne dispensi. Oltre di che se le ragioni, che voi recate di logora sanità e deboli forze, fossero la conseguenza de’ vostri voluttuosi piaceri, potrebbe mai divenir giusto titolo che vi assolvesse dalla penitenza ciò che ve la rende anzi più necessaria? E poi le scuse, che vi fanno violare la legge, vi fanno mai astenere dai solazzi profani? Ah